Qual’è la parte dell’allenamento che più di tutte viene spesso sottovalutata?!
Per me la risposta è molto semplice: il riscaldamento.
Che si parli di atleti, amatori, discipline sportive o semplicemente fitness, succede tante volte che si inizia una seduta di allenamento senza aver completato un adeguato warm-up.
E la colpa, diciamoci la verità, è un pò anche di noi professionisti del settore, che spesso bistrattiamo questa parte, dedicando poco tempo al riscaldamento, e spesso con proposte inadeguate o poco motivanti.
Quando ho fatto la certificazione CFSC di Boyle, la parte che più di tutte mi ha impressionato, è stato proprio il riscaldamento. Da Boyle, il warm-up è curato in maniera maniacale, quasi come se fosse l’obiettivo primario dell’allenamento.
Per farvela breve, stando ai loro protocolli, su 60 minuti di allenamento, 30 vengono dedicati al riscaldamento e al movement preparation.
Credo che il punto chiave sia questo: il warm-up è una preparazione al movimento che andremo a compiere.
Il nostro obiettivo primario quando alleniamo una persona, di qualsiasi età e livello, deve essere quello di far stare bene il soggetto, mettendolo in condizioni di sicurezza, sessione dopo sessione.
Quindi? A cosa serve il riscaldamento? La faccio breve, tanto lo sappiamo tutti (più o meno).
Da definizione, è una pratica eseguita prima della prestazione fisica-sportiva, per consentire al corpo di riuscire ad affrontare il vero e proprio allenamento nelle migliori condizioni possibili, preparandolo, migliorando la prestazione fisica e riducendo il rischio di infortuni.
Quindi, innalzamento della temperatura corporea, aumento dell’approvvigionamento del sangue, attivazione del sistema nervoso centrale ecc.
Ultimamente, ho cambiato parecchio i miei protocolli di warm-up, per tutte le persone che seguo, atleti e non che essi siano.
Mi piace vedere il riscaldamento come quella parte dove poter inserire delle tecniche semplici, che permettono di generare benessere, finalizzato non solo all’allenamento che devo andare a svolgere, ma sopratutto alla quotidianità.
Andiamo al pratico, come lo impostiamo?
Quattro punti chiave.
1 – SOFT TISSUE WORK: foam rolling e simili. Migliorare i tessuti muscolari, creando lunghezza nei tessuti molli, per migliorare la qualità della fase di stretching successiva.
Glutei, intra ed extra-rotatori dell’anca, catena posteriore, adduttori, zona toracica.
2 – STRETCHING: migliorata la qualità dei tessuti, si può cercare di creare allungamento nelle catene muscolari.
Hamstring, flessori e rotatori d’anca, adduttori, glutei.
3 – ACTIVATION WORK: attivare gruppi muscolari e articolazioni interessate, andando a rispettarne la loro funzione di mobilità o stabilità. Caviglia, ginocchio, anca, toracica.
4 – DYNAMIC WARM-UP: incrementare lo stress muscolare e articolare con movimenti dinamici, alzando la temperatura corporea. Esercizi di flessibilità, slanci, andature, ma anche jumping, squatting, lunging. È necessario stimolare la pliometria e la velocità, con esercitazioni in linea, laterali o cambi di direzione, per preparare il corpo al lavoro.
Qui, potete trovare un esempio di un warm-up completo, che rispetti questo tipo di impostazione e che prepari in maniera adeguata al movimento. Provalo subito e inseriscilo nei tuoi allenamenti!
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ENRICO PALEARI – HOME DELIVERY COACH
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